Settima puntata di “Liberi Tutti”
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Veleni nell’aria
Ci vorrebbe una controfigura per l'autunno. Pagando, certo, come con la badante per il nonno. Un alter ego, uno che vada al posto tuo a sentire che c'è di nuovo in Senato sul ddl Zan, a ritirare le giacche dimenticate a giugno in lavanderia. Nelle ore in cui la controfigura circola al posto vostro potreste fare cose belle, quelle da tempo perso. Fissare il soffitto guardando le ombre. Sedersi al bar e ascoltare cosa dice la gente. Leggere un libro: Michele Masneri e il suo “Stile Alberto” e Costanza Rizzacasa D’Orsogna e il suo “Storia di Milo, il gatto che andò al Polo Sud” sono perfetti. Scrivono che è un incanto.
Insomma sarebbe bello parlare d'altro, tipo uno splendido concerto una mostra un breve viaggio da fare e consigliare, sarebbe bello divagare. Però invece, avete visto, sono tempi strani. Restiamo con lo sguardo appeso e respiriamo i veleni nell’aria. Il ddl Zan non s’ha da fare. Non è cinismo. Non è cattiveria. Il senso della realtà e di lealtà che mi lega a voi che leggete mi costringe, come sempre, a mettere in fila i fatti che non regalano grandi aspettative.
Ieri è stata bocciata la richiesta di Fratelli d’Italia di riprendere la discussione del ddl Zan a settembre. Per fortuna. Era una trappola. Lo scopo era chiaro: votare per la calendarizzazione, riportare il ddl in Aula e approvare grazie al voto segreto e ai pochi parlamentari presenti (causa amministrative) la richiesta di Calderoli e La Russa affinché, finita la discussione generale, si voti direttamente sì o no all'intero provvedimento. Uccidere il provvedimento.
Tuttavia oggi a voler vedere qualcosa emerge: un’alleanza inedita: Pd, M5s, LeU, Iv, Lega e FI che insieme hanno respinto la richiesta di Fratelli d’Italia.
Tra queste forza due hanno chiaramente detto che questo provvedimento dovrà essere modificato: Forza Italia e Italia Viva. Ieri invece Anna Maria Bernini, presidente di Forza Italia, ha lasciato intendere che qualcosa si muove. Prima ha respinto la provocazione di FdI, «suggerirei ai colleghi di FdI di resistere ancora un mesetto, se ce la fate, e poi portiamo il ddl in aula». Poi ha aggiunto «cercando tutti insieme di modificarlo e di renderlo il migliore possibile». Fuori dall’Aula a un capanello di giornalisti ha spiegato cosa intendeva: “i può lavorare sull’articolo 1 e sull’articolo 4”, ovvero rispettivamente quello che definisce il significato di “identità di genere” e quello che ribadisce la libertà di pensiero pasticciandola, secondo le destre, «e trovare un accordo ampio. Magari potremmo anche smettere di chiamare la legge “Zan” per evitare di farla percepire come una scelta di parte. Dopo le elezioni accadrà che qualcuno si aprirà all’ascolto dell’altro. Anche Letta, se davvero vuole fare l’interesse delle persone a cui si rivolge, e non lo stretto interesse del suo partito». Non un buon segno per il futuro.
Molti mi hanno chiesto sui social: “ma non si poteva provare ad andare avanti lo stesso?”. No, la legge contro l’omotransfobia non avrebbe comunque mai terminato il proprio percorso proprio questo mese. C’è la conversione dei decreti legge relativi a Green Pass e all’uscita dall’emergenza pandemica, la riforma della giustizia penale, la riforma giustizia civile. Da questi interventi dipende direttamente l’accesso del nostro Paese ai fondi del Next Generation EU. Real-politik direbbe qualcuno, sicuramente fatti.
Ricordo inoltre che (grazie all’ostruzionismo del centro-destra a quello di Italia Viva) la legge contro l’omotransfobia deve ancora terminare la discussione generale con gli interventi mancanti di Fdi (ahimè sì, ci sono ancora perle inascoltate). Poi c’è il voto sul non passaggio agli articoli (proposta presentata da Calderoli e La Russa) che rischia di affossare questa legge. Su questo voto può essere concesso il voto segreto e quindi meglio essere cauti, con le campagne elettorali in corso e molti parlamentari assenti sarebbe stata una Caporetto.
Allora dobbiamo dire addio al ddl Zan?
Presto per dirlo. La politica mi ha insegnato, oltre a molto altro, che tutto è imprevedibile. Il Parlamento è un ottovolante, una giostra di divertimenti nell'indicibile dove tutto può succedere. Però mettiamo in fila una serie di scadenze e priorità che rischiano di lasciare la legge in un angolo:
-La legge di Bilancio a ottobre da votare entro la fine dell’anno.
-Poi da gennaio il Parlamento in seduta comune per le elezione del Presidente della Repubblica.
C’è una finestra: va da ottobre a dicembre, la legge Bilancio infatti è un mercantificio che resta in Commissione diverso tempo prima di arrivare in Aula. Si riuscirà a chiudere in tempo e senza richieste di modifiche?
Questa è la domanda rivolta alla volontà della maggioranza favorevole al ddl e al fronte comune fuori dai Palazzi a cui andrà il compito di tenere alta l’attenzione.
“Dicevano che lo stupro è una cosa da femmine”
Vorrei parlare di stupro. Scusate se rompo un’etichetta. Vorrei parlare di maschi che stuprano maschi. Di recente ho letto un report “Silenced Survivors” (Sopravvissuti silenziati), di SurvivorsUK un’associazione inglese che aiuta uomini, persone trans* e non binarie vittime di abusi sessuali. Il report, dicevo, afferma che la metà degli uomini gay e bisessuali hanno avuto esperienza di violenza sessuale e più di un terzo di questi non riesce a parlarne.
Riporta anche che il 15% ha subito del revenge porn. Il 13% ha subito una violenza sessuale durante un chemsex party.
Sono dati inglesi. Non esiste uno studio italiano sul fenomeno. Non esiste il fenomeno in Italia, nel senso che non se ne parla. In realtà non è una novità. Uomini che stuprano altri uomini. Una realtà. In Inghilterra Survivors Uk esiste da 25 anni.
La dinamica è quella, vale per uomini e donne: lo stupro, la violenza sono la norma, un codice di racconto, una modalità consueta di presa di possesso. Per le persone gay, bi, trans*, non-binarie c’è qualcosa di più. Un orrore se possibile che scava ancora più in profondità, fa riemergere paure che pensiamo di aver superato e ricostruisce muri spessi di pregiudizio e omofobia.
Lo racconta Alex Feis-Bryce, fondatore di SurvivorsUK: “Si tratta di una questione molto fragile e di una sfida difficile. Si da respiro sempre in certi casi al mito omofobo che lo stupro per gli uomini gay e bisessuali non può esistere. Noi omosessuali veniamo considerati da sempre promiscui, noi stessi ci consideriamo promiscui. Noi stessi pensiamo di valere meno”. Alex Feis-Bryce è lui stesso un sopravvissuto. A 18 anni, durante la sua prima notte fuori subisce una violenza sessuale. Diciotto anni il primo sabato sera fuori. Fai l'alba, può succedere. Può darsi che tu beva un po' troppo, che tu fumi, che tu faccia davvero tardi. Diciotto anni, abbiamo tutti presente. Ad Alex succede l’inaspettato, lo racconta lui stesso: “Sarà stata la mia seconda, forse sì, seconda volta in un gay-bar. Il mio amico e io incontrammo un paio di persone. Ci invitarono subito a un party a casa loro. Ero disperatamente ingenuo e volevo fare amicizia quindi cercavo di avere un atteggiamento molto aperto e privo di pregiudizi. Ricordo che il mio amico cambiò idea all’ultimo minuto, io andai comunque”.
"Il proprietario della casa mi aveva versato un drink, iniziai sentirmi stanco. Avevo sonno. Mi portò sul suo letto e mi stuprò. Ricordo questa sensazione di impotenza totale, ero inchiodato a quel letto”
“Come teenager è stato un trauma. Un trauma doppio per via della mia sessualità. Non potevo denunciare alla polizia, non potevo chiedere aiuto a qualcuno. Non potevo perché non lo credevo possibile. Sono cresciuto in una società che mi ha sempre fatto credere che lo stupro era qualcosa che capitava solo alle donne. Nessuno mi avrebbe creduto. Quindi ho incolpato me stesso. Vergogna e omofobia. Questo è quello che provavo. L’ho capito dopo. Ho deciso di soffrire in silenzio. Per anni”.
Le violenze sessuali nei confronti delle persone gay, bisex, trans invece esistono. Nei luoghi di vita, nelle case. Secondo il report di SuvirvorsUK il 35% delle persone che hanno subito una violenza sessuale si vergogna a parlarne con gli amici. Più che con un professionista (il 18%). C’è uno stigma, un leva che scatta e fa venire a galla vergogna, paura, colpa e omofobia interiorizzata.
Per essere liberi bisogna disimparare quello che ci viene insegnato sin da piccoli, anche se non lo sappiamo. I confini, il consenso e la responsabilità nei confronti degli altri dovrebbe essere il cuore di qualsiasi relazione e dell’educazione sessuale (che in Italia non esiste). C’è anche una questione di linguaggio che andrebbe decostruito: la violenza sessuale nei media italiani passa attraverso un linguaggio totalmente escludente. Binario. La violenza sessuale è contro le donne. “La violenza sessuale” ha solo un genere e questo causa una ferita verso moltissime vittime che non sono donne.
Donne, uomini, persone non binarie. Le dinamiche di potere restano il motore della violenza sessuale, aggressori che agiscono perché feriti nel possesso o sconosciuti che "prendono" quello che vedono. Sono azioni che affondano le radici nel patriarcato, nel privilegio e nello status sociale. Proprio per questo non si possono lasciare fuori dalla narrazione centinaia di sopravvissuti gay, bisex, trans*. Il senso di vergogna e solitudine di fronte a un mondo che non ti prevede anzi, spesso ti deride è un precipizio irresistibile. “Farla finita non è difficile perché farla finita è un sollievo”.
A questo proposito. Ho iniziato una piccola collaborazione per Gay.It. Ogni mercoledì uscirà una rubrica dal titolo “L’Ortica” e su questo vorrei dire qualche cosa.
“L’Ortica” è una pianta magica e maledetta. Le foglie di ortica sono utilizzate per per le sue proprietà curative (è rimineralizzante, ricostituente ecc). Eppure è una fiamma pericolosa. L’acido formico dal potere urticante, contenuto nei peli di cui sono ricoperti le foglie e i piccioli, ha evocato l’immaginario di una persona che morde sottilmente con le sue parole, si dice “punge come l’ortica” oppure “è come l’ortica non toccarla”. Ci sono meduse chiamate “ortiche di mare”. Dante nel Purgatorio così figurava l’aculeo del pentimento:
Di penter sì mi punse ivi l’ortica,
che di tutte altre cose qual mi torse
più nel suo amor, più mi si fé nemica.
È una pianta che cresce nei terreni incolti e abbandonati. E spesso l’ortica che brucia può raffigurare il fuoco dell’inferno. L’idea è stata della redazione di Gay.It mi ha convinto. Ed eccoci. “L’Ortica” non è uno spazio di inchieste o interviste ma più uno spazio di libertà e analisi critica. Siete voi a consigliare argomenti e questioni, quindi vi prego di scrivermi.
Nella prima puntata ho parlato del rapporto controverso tra Italia Viva e la Comunità Lgbt. Sono pensieri lunghi e “fatti” presi e messi da parte fino ad oggi. Qualcuno vorrebbe farlo sparire. Qualcun ha iniziato una campagna di censura social: chiunque posti questo articolo viene automaticamente segnalato o bloccato. Ma questo non servirà. Chissà forse un giorno vorranno guardarsi allo specchio, mettersi in ascolto. Vorranno osservare la realtà anziché licenziarla come ostile: la comunità Lgbt ha voglia di politica, e persino di farla. È di questi partiti, di questa politica e delle sue usurate alchimie che diffida.
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Tam Tam 🌍
«Insegno a donne e bambini. I talebani mi uccideranno per questo»
Il mondo fuori 🌌
Il book-tour per “Fuori I Nomi!” è stato intenso. Da Rovereto a Catania. Continua con le ultime due date.
Il 19 settembre alle 16 ci vediamo a Milano al Piccolo Teatro Studio Melato per il “Mix Festival” in compagnia di tanta bella gente.
Il 26 settembre alle 18 a Roma per il “Silent Rome Festival” a Villa Farinacci per una presentazione di “Fuori I Nomi” fuori dall’ordinario.
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